Il Palloncino dell’Impostore
Ci sono persone, lì fuori, che vivono la loro vita in modo più o meno sereno. Io lo so, perché ne ho conosciute diverse. Magari si incazzano al lavoro, ma poi quando tornano a casa sono felici, stanno con la loro famiglia. Certo, possedere qualcosa in più non sarebbe male. Amano anche passare il tempo a lamentarsi senza fare nulla. Non sono propriamente felici, ma sono serene. Si sono costruite il loro equilibrio, e cascasse il mondo faranno di tutto per difenderlo. Serene.
Ma io no, io non ne sono capace.
Fin da quando sono bambino soffro di una malattia un po’ strana, che, confesso, nel corso della mia vita mi ha anche aiutato parecchio. La chiamo curiosità compulsiva.
Certo, si può dire che la curiosità sia uno di quei tratti tipicamente considerati in modo positivo. Quando diventa compulsiva, però, è una cosa di cui non si riesce fare a meno. Più cose nuove ti trovi a scoprire, e a studiare, più ti senti piccolo di fronte all’universo. Insomma, è come se fossi destinato a morire insoddisfatto, sempre tormentato da un senso di inadeguatezza che non è possibile spegnere in alcun modo.
E la cosa peggiore è che tutto sommato questa cosa mi piace. Voglio dire, soddisfare la propria curiosità, anche solo temporaneamente, è immensamente piacevole. E di fatto questo è un tratto che nel mio lavoro mi aiuta ad essere incredibilmente più efficace, visto che in larga parte si gioca nella sfera dell’intuizione, che va a braccetto con la creatività.
Ma non c’è solo questo. Il vero problema è che uno come me non si sente mai, davvero, arrivato. Mai realmente competente. Alla fine lì fuori c’è sicuramente qualcuno di più bravo di te, giusto? E questo è uno stimolo a studiare e cercare ancora e ancora e ancora.
Però poi c’è l’altro lato della medaglia. Io sono un essere umano, e quindi anche io ho un ego. Il mio bel palloncino che mi porto in giro, e che a ogni piccolo e grande successo si gonfia. Proprio qualche giorno fa, durante un corso, ho aiutato una persona a risolvere un problema che la tormentava da molti anni. Non era un problema particolarmente serio, o grave, ma ci aveva condiviso così tanto tempo insieme che ormai era diventato parte di lei. Nel giro di pochi minuti, in un certo senso, ho cambiato la sua vita, perché l’ho aiutata a lasciasi dietro un problema così presente per lei.
Quando capitano cose come questa non puoi non gonfiarti, almeno un pochino. Ma per fortuna, il proverbiale ago è arrivato entro la fine della giornata: la mia lezione era stata apprezzata molto, ma aveva molti punti di miglioramento, anche su aspetti su cui mi consideravo relativamente sicuro.
La cosa più strana è che, di solito, quel palloncino lo sgonfio sempre da solo. In un certo senso è come se fossi io a gonfiarlo, attraverso quello che faccio. Poi, sempre attraverso quello che faccio, bell’ago e pop! Sgonfia il palloncino. Metti una bella pezza, e ricomincia. Ormai, il mio palloncino somiglia più a un insieme di pezze, probabilmente, che alla sua forma originale.
Ora che l’ho scritto, sembra che ci sia del masochismo in quello che faccio. E forse è proprio così. La verità è che io sento che questa curiosità mi sta facendo del male. Sento che morirò infelice. Ma non posso farne a meno. Questa è la mia droga, alla fine.
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