Il Monaco
L’Abito non fa il Monaco.
Quante volte abbiamo sentito dire, o magari pronunciato queste parole? Questo grande esempio di saggezza popolare ci insegna che non dobbiamo fidarci delle apparenze, che le persone potrebbero essere ben diverse da quello che sembrano.
Ho solo un commento per quest’opinione: è un’idiozia.
Chi ha anche solo una preparazione di base in Comunicazione, e riesce ad andare oltre il moralismo popolare, si rende immediatamente conto che quando parliamo di impressione ci aveva azzeccato molto di più Oscar Wilde, quando diceva che solo i superficiali non giudicano dalle apparenze.
O per dirla con le parole di Andrea Rossi, un amico con cui ho condiviso il percorso di studio in Comunicazione, forse l’abito non farà il monaho, ma di sihuro lo fa entrare nel honvento (l’acca è muta, lui viene dal Livornese).
Da Mehrabian a Watzlawick, chi si è occupato di studiare il legame che esiste tra prima impressione e relazioni, è concorde nell’affermare ,che in pochissimi istanti ci formiamo un’opinione della persona che abbiamo davanti, dando grande peso alla dimensione non verbale, quindi come è vestito, come ci guarda e come sta nello spazio. Ma anche al suo tono di voce, molto più di quello che effettivamente ci viene detto.
Possiamo dire quindi, che questa prima impressione, rappresenta un primo momento comunicativo che dà l’imprinting relazionale. Insomma, se è positiva, la strada è in discesa. Se è negativa, è in salita.
In parole povere, se la prima impressione che ho di te è che sei un idiota, allora dovrai fare il doppio della fatica per dimostrarmi che non è così. E non perché io sia particolarmente intollerante, anzi. È proprio il mio cervello (e anche il tuo) che è fatto così.
E spesso basta davvero poco. Quando sentiamo l’esigenza di fare una buona impressione, tipicamente ci focalizziamo sulle cose sbagliate, tipo le parole che useremo, senza prestare la dovuta attenzione a tutto il resto, che come ci ricorda Mehrabian, pesa per circa il 93% del nostro impatto.
Insomma, immagina la scena.
C’è un uomo che è da solo a bere al bar. Non è particolarmente attraente, ma potremmo definirlo un tipo. Indossa una camicia sgualcita, macchiata sul davanti, e il cui primo bottone è aperto, mostrando un petto villoso. Tiene gli occhi bassi, sulla sua birra, e ogni tanto lancia occhiate furtive intorno, quasi con fare sospetto. Le spalle sono basse, e la postura è incurvata. A un certo punto vicino a lui si siede una ragazza. Anche lei non è bellissima, ma certamente è un tipo. Il suo tipo. L’uomo si volta verso di lei, e la squadra con quel suo fare sospetto, soffermandosi in silenzio sulle sue curve. Dopo diversi secondi in cui lei si è evidentemente accorta di cosa sta facendo, le chiede con voce resa acuta dallo stress “Piacere di conoscerti, io mi chiamo Leonardo. Vedo che siamo entrambi soli, quindi permettimi di tenerti compagnia e offrirti da bere”.
Ora immagina una scena con gli identici attori, ma leggermente diversa.
L’uomo indossa una camicia che mostra gli evidenti segni di essere indossata tutto il giorno, ma comunque ordinata. Siede al bancone, tenendo in mano una birra, osservandosi intorno con uno sguardo sorridente, tra il curioso e il divertito. Ha le spalle basse, affaticate, ma sta comunque seduto in modo eretto. Sicuro. Quando la ragazza si siede, la osserva velocemente, soffermandosi sul suo viso, sorridendo come se la riconoscesse, per poi distogliere lo sguardo dopo pochi istanti. Passano alcuni secondi, e torna a voltarsi verso di lei, notando che lei l’ha notato a sua volta, e quindi, con il suo normale tono di voce tranquillo, ma sicuro, le chiede “Piacere di conoscerti, io mi chiamo Leonardo. Vedo che siamo entrambi da soli, quindi permettimi di tenerti compagnia e offrirti da bere”.
Ecco, ti faccio una domanda. Immagina essere la donna della storia. A quale dei due uomini (che in realtà sono lo stesso uomo) potresti dare una possibilità?
Se ti piace il genere stalker psicopatico forse sceglierai il primo, ma sono convinto che chiunque preferirebbe il secondo. La persona è la stessa, ma l’impressione che proietta nel primo caso è diametralmente opposta che nel secondo.
La differenza è che probabilmente al secondo uomo viene concessa l’opportunità di conoscersi, e costruire una relazione (in senso comunicativo, non per forza una relazione sentimentale), mentre al primo quest’opportunità viene, probabilmente, negata.
Perché come diceva sempre il saggio Oscar Wilde, non hai mai una seconda opportunità per fare una prima buona impressione.
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