Non ho nessuna intenzione di farmi fregare da te
Mi sono sempre considerato un pessimo venditore. Più volte, su questo stesso blog, o nei miei post pubblici su LinkedIn, ho scritto come non mi piaccia vendere. Ora, vorrei dire che questo è l’articolo con cui mi rimangio tutto, ma in effetti non è così. Ok, sto divagando, faccio un passo indietro.
Io non sono un venditore, nel senso che la vendita, per quanto essenziale nel mio lavoro, ne è una componente marginale. Per lo stesso motivo, non sono un impiegato amministrativo, e nemmeno un pizzaiolo (anche se mia moglie sostiene che se le cose andassero male, potrei riciclarmi in quel modo). Però ultimamente ho avuto l’opportunità di lavorare con diversi venditori, e se c’è una parte della vendita che mi piace molto poco (quella del fare le telefonate e i giri clienti), ce ne sono altre che sto scoprendo di apprezzare sempre di più, e sono legate principalmente al sedersi intorno al tavolo, e discutere progetti e costi.
Insomma, quella che definiremmo la fase trattativa, o come mi piace chiamarla, la negoziazione.
Negoziazione è uno di quei temi in cui non ci si può non imbattersi, quando si parla di comunicazione, e devo dire che rispetto a quando ho iniziato questo lavoro, mi sta sempre più appassionando. In misura direttamente proporzionale rispetto a quanti sono i clienti lì fuori che cercano di fregarmi.
Ok, ho detto una cosa un po’ strana, fammi spiegare meglio.
Qualche settimana fa sono stato da quello che posso solo chiamare il mio cliente ideale. Abbiamo ragionato insieme di obiettivi da raggiungere, e poi ho chiesto che budget avessero. Loro dissero che avevano bisogno di un confronto con il responsabile, e io dissi che andava bene, e tenessero conto di quello che è il mio costo giornaliero, che ho dichiarato. Dopo qualche giorno, mi hanno dato un numero, e insieme abbiamo usato quel numero per costruire un progetto concreto che avesse le maggiori possibilità di portarci ai loro obiettivi.
Purtroppo (ma forse direi per fortuna), non sempre le cose sono così rosee. Spesso (per non dire sempre), il mio cliente non sa bene che obiettivi vuole raggiungere, ma questo di per sé non è un problema. Lo diventa quando non sono io a gestire l’intera trattativa. A quel punto, il prezzo che faccio è sempre troppo alto.
Capita, insomma. Banalmente, non sempre posso partecipare alla negoziazione fin da subito. E qui inizia la fase veramente affascinante del mio processo di vendita, proprio perché non coinvolge solo me e il mio cliente, ma spesso anche il terzo (e altri ancora). Questa è la fase in cui il cliente tenta di sfruttare la confusione dei ruoli per spuntare un prezzo più basso. In cui chi mi presenta vuole proteggere la sua relazione con il cliente. In cui io, spesso, faccio da mediatore anche tra obiettivi molto diversi tra loro.
Dicevo, questa, ho scoperto, è la fase che mi affascina di più. Concettualmente, una negoziazione prevede uno scambio, e un insieme di concessioni e compromessi per trovare un obiettivo comune. Se lasciamo perdere Cialdini per un momento, ci rendiamo subito conto che lo scambio è il cuore pulsante che caratterizza la negoziazione. Poi certo, possiamo usare la comunicazione in tutte le sue salse per portarla a nostro vantaggio, ma è meglio non dimenticarsi che la vera leva negoziale è una sola: la possibilità di uscire dalla negoziazione, e quindi non fare lo scambio.
Ecco perché mi viene da sorridere quando sento, ad esempio, il venditore che non vuole dire no al cliente altrimenti lo perderà. Paradossalmente, è proprio il terrore di perdere il cliente che lo mette alla sua mercé. Farà concessioni sempre maggiori, di fatto rinunciando, da parte sua, alla possibilità di uscire dalla trattativa. Insomma, rinuncia alla negoziazione e si accontenta della generosità del suo cliente.
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