Quando peggio di così non ti potrebbe andare.

Mia moglie è stata scout per molti anni. Di tanto in tanto racconta questa storia di un’uscita che ha fatto con il suo gruppo. Erano giorni che pioveva, ed erano tutti inzuppati fin dentro le ossa, il che naturalmente destava più di qualche lamentela. Al che, uno dei suoi capi dell’epoca pronunciò le antiche, quanto sagge parole: potrebbe sempre piovere merda! Beh, proprio in quel momento, un uccello decise di sganciarla addosso alla persona che camminava davanti a loro.

Nessuno, in quell’uscita, si lamentò più della pioggia, e questa storia divenne, giustamente, leggenda.

Vorrei usare questa storia come punto di partenza per una riflessione personale, perché effettivamente offre innumerevoli spunti, il primo dei quali riguarda proprio l’atto di lamentarsi. Se, in passato, ho scritto un intero articolo sull’argomento, oggi vorrei partire proprio da questo concetto: in buona sostanza, lamentarsi non serve a nulla, se non a infastidire chi ci sta intorno. Immaginiamo la situazione. Sono giorni che piove, e anche il nostro midollo ormai è bagnato. Questo vale per noi, ma vale anche per i nostri compagni di viaggio: se ce ne lamentiamo, rendiamo la strada più faticosa per tutti, oltre a rimarcare quanto lo sia per noi.

Insomma, non è vero che peggio di così non potrebbe andare. Puoi scegliere di peggiorare la situazione, e puoi farlo lagnandoti in modo sterile dei tuoi problemi, soprattutto se ci sono altre persone che li condividono con te.

Un altro elemento di riflessione che nasce dalla storia di mia moglie, riguarda invece, il tipico approccio del mal comune mezzo gaudio. Quello del non buttarti giù, tanto le cose potrebbero andare peggio. Salvo poi, come nel caso della storia, vanno peggio sul serio, e allora la pioggia non sembra poi così male. Non so a te, ma a me le tipiche considerazioni su questo tenore fanno venire le bolle. Insomma, perché dovrei stare meglio se altri condividono il mio problema? Perché dovrei stare meglio se la situazione non è la peggiore possibile?

Perché alla fine, e questo vuole essere il cuore della mia riflessione, non esiste un limite inferiore a quanto male possono andare le cose. E non è pessimismo cosmico il mio. Se lo desideri, possiamo fare un esercizio: pensa alla cosa peggiore che ti possa capitare, la peggiore in assoluto. Scommettiamo che riesco a trovare un modo per farla andare ancora peggio? E poi ancora, e ancora?

Dicevo, non si tratta di pessimismo cosmico, ma di realismo. Spesso non abbiamo alcun controllo sulle circostanze della nostra vita. Per carità, ogni tanto ci capita anche qualcosa di bello, ma molto spesso capitano anche gli incidenti, le batoste, le disgrazie, i contrattempi. In questi ultimi mesi ho intervistato diverse persone per il mio progetto di podcasting sul fallimento, e molte delle situazioni raccontate sono state proprio generate da eventi fuori dal controllo di chi poi, il fallimento, l’ha vissuto.

Ma anche il fallimento più grande non è mai definitivo. Solo la morte mette la parola fine alla nostra capacità di reagire alle situazioni (e a quel punto, tutto questo, non è più un problema). Ok, mi rendo conto che il messaggio sembra un po’ deprimente, ma in realtà io vivo tutto questo come un’opportunità. Perché non importa quanto ci sembra che stiamo sprofondando. Non importa quanto siamo abbattuti, o quanto ci sembra che le circostanze giochino a nostro sfavore.

Noi abbiamo sempre la possibilità di scegliere, e di usare ciò che abbiamo per progettare un futuro migliore, per noi, partendo dal nostro presente.

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