Gestire una trattativa internazionale non è per nulla semplice: oltre agli elementi che rendono complessa una negoziazione a corto raggio, come i valori economici coinvolti, e un’emotività non sempre facile da gestire, si aggiungono problemi legati ai canali comunicativi usati, per la maggior parte asincroni e digitali, ma soprattutto alle differenza di lingua, e ancor più di cultura.

Ecco quindi che spesso basta la parola sbagliata in un’e-mail per scatenare un conflitto internazionale, che può portare a gravi danni sia in termini relazionali che economici, anche quando entrambe le aziende coinvolte avrebbero il massimo interesse a portare avanti l’accordo nel modo più collaborativo possibile. Ed è proprio in casi come questo che è importante fare un passo indietro e, a prescindere da chi pensiamo abbia le colpe, diventare abili a gestire queste situazioni.

Il problema

Durante un percorso di formazione aziendale viene chiesto il mio supporto per gestire un problema urgente, verificatasi nel corso dell’ultima settimana, che ha a che fare con l’escalation di una situazione conflittuale verificatasi con un cliente dell’azienda.

Il pomo della discordia, in questo caso, è un grave problema di qualità, causato da un fornitore, sfuggito ai controlli dell’azienda, e riscontrato, viceversa da un cliente Indiano. In una prima istanza l’azienda ha naturalmente chiesto dei dettagli in merito al difetto. Dopo qualche giorno di silenzio da parte del cliente, e successivi e accalorati solleciti, il cliente ha chiesto un rimborso molto maggiore del valore del prodotto, a causa di non meglio definiti danni prodotti. Questo ha mandato su tutte le furie l’Account Manager responsabile del cliente, che vede ingigantirsi la sua preoccupazione di essere oggetto di una truffa da parte di un cliente di un paese, a sua detta, noto per questo tipo di problemi.

Il lavoro svolto insieme

Il primo aspetto da gestire è stata l’agitazione creata dal problema, in primisi nell’Account Manager, ma anche in tutte le altre persone coinvolte. Piuttosto che focalizzare la discussione su tutto ciò che sarebbe potuto accadere, ci siamo concentrati sull’analizzare la situazione nel dettaglio, per comprendere in che modo si era svolta la dinamica. Attraverso un esercizio di problem solving condiviso con il team che aveva a qualche titolo preso parte alla situazione, abbiamo focalizzato alcuni punti chiave del problema.

Il primo punto essenziale era la richiesta apparentemente irragionevole da parte del cliente, a cui però non era stato dato seguito. Al di fuori di tale richiesta, pervenuta via mail, non c’erano state altre comunicazioni con il cliente.

L’azienda, al contrario, aveva inviato numerose mail al cliente, che però non avevano avuto risposta, con diversi toni, dal pacato all’aggressivo.

Il punto principale, però, è che fino a quel momento il cliente era stato estremamente corretto, e al di fuori della richiesta di risarcimento, apparentemente superiore al normale, non c’era alcun elemento per pensare che stesse cercando di fare il furbo.

Attraverso alcune domande mirate è inoltre emerso un altro elemento essenziale: nella comunicazione dell’azienda, prima della richiesta del cliente, l’account in evidente stato di alterazione aveva sottinteso che il cliente stesse cercando di approfittarsi della situazione con loro.

In una dinamica comunicativa, questo è esattamente il tipo di comportamento che, in una situazione di questo tipo, avrebbe potuto scatenare l’escalation di un conflitto. per questo motivo, abbiamo concordato la strategia in realtà più semplice possibile: il responsabile dell’offesa avrebbe dovuto inviare una mail scusandosi dei toni aggressivi delle precedenti comunicazioni, e dicendo che comprendeva la gravità della situazione, e sarebbe stato disponibile a venir loro incontro, se solo gli avessero fornito una spiegazione dettagliata dei danni economici creati, in modo da aiutarlo a supportarli al meglio.

L’obiettivo di questa strategia era, naturalmente, aprire una negoziazione con il cliente, con l’obiettivo di minimizzare la richiesta di risarcimento, ma mantenere contestualmente una solida relazione commerciale. Nei giorni successivi, l’Account Manager ha preparato una e.mail, che abbiamo rivisto insieme prima che la inviasse. Abbiamo inoltre stabilito alcune linee guida da seguire se la mail non avesse sortito alcun risultato.

I risultati

L’effetto della mail è stato molto più positivo del previsto. In risposta alle scuse, infatti, il cliente Indiano si è scusato a sua volta, ammettendo che il calcolo del valore richiesto era stato frutto di un errore di valutazione interno, e sarebbero stati felici semplicemente di ricevere un’altra spedizione di prodotto, purché ciò avvenisse in tempi rapidi. Questa richiesta è, naturalmente, stata accolta con priorità massima, senza alcuna conseguenza sul guadagno dell’azienda, che si è rivalsa al 100% del problema di qualità sul proprio fornitore, evitando anzi un impatto negativo potenziale di alcune decine di migliaia di euro.

L’azienda, e in particolare l’Account Manager, ha quindi compreso come in casi come questi farsi prendere dal panico non sia funzionale al risultato, e ha quindi colto l’opportunità per stabilire una procedura di gestione di questo tipo di crisi, e alcune best practices comunicative nei confronti dei propri clienti. Ma come sempre, in questi casi, spesso il buon senso è sufficiente, e insultare, pur velatamente, il proprio cliente a causa di un pregiudizio non è certo ciò che il buon senso ci suggerirebbe!

Ci si potrebbe chiedere, vista la risposta del cliente Indiano, cosa sarebbe accaduto se non ci fossero state alcune scuse. Saremmo tentati di rispondere che la situazione si sarebbe risolta da sola, ma l’esperienza insegna che quando si verifica un’escalation di questo tipo, è molto probabile che ciascuna delle parti si arrocchi dietro la propria posizione, a prescindere da quanto essa sia irragionevole. Solo una posizione di apertura, in questo caso, ha garantito la soluzione nel minor tempo possibile, e senza alcun impatto negativo per l’azienda.