Un errore dietro l’altro

Ricordo molto bene la mia prima esperienza con un cliente pagante, perché fu un fallimento su tutta la linea.

Ci furono problemi di comunicazione. Problemi nel concordare gli obiettivi e quindi ovviamente anche nel raggiungerli. Insoddisfazione, male parole e fatture non pagate.

All’epoca fu facile dare la colpa al cliente, lamentandomi del fatto che non aveva capito, o si aspettava le cose sbagliate da me.

Dovetti fallire alcune altre volte in modi molto simili per rendermi conto che il primo responsabile del fallimento, tutto sommato, ero io.

Certo, la colpa era condivisa da me e dai miei clienti, ma a un certo punto sono stato costretto a farmi un piccolo esame di coscienza. Stavo lavorando solo con le persone sbagliate, oppure ero io che stavo sbagliando qualcosa?

A quel punto ho iniziato ad analizzare in modo critico tutto quello che facevo, quando parlavo con un cliente, dal primo incontro conoscitivo, a quando ricevevo il pagamento. Con molto stupore mi sono accorto che non stavo aiutando i miei clienti a farmi piacere, anzi, molto spesso andavo nella direzione opposta.

Ma prima ancora del mio primo cliente c’è stata quella volta che mi sono iscritto all’università di Ingegneria. Quando frequentavo il liceo scientifico, matematica e fisica erano le materie che mi riuscivano più facili, e tutti i servizi di orientamento mi avevano indirizzato verso quella direzione. Furono due anni disastrosi, in cui riuscii effettivamente a dare pochissimi esami. Non che la facoltà fosse troppo difficile per me, ma non riuscivo a farmi piacere la materia. Lo studio era una tortura costante. Alla fine del secondo anno mi resi conto che stavo facendo la fine della rana viva che viene messa nella pentola d’acqua fredda: l’acqua intorno a me si stava pericolosamente surriscaldando, e io avevo ancora poche forze per riuscire a saltare fuori da lì. In un modo o nell’altro vinsi quella sfida, e approdai a economia, che era il giusto compromesso tra la fredda razionalità dei numeri e la sconfinata possibilità di poter accedere, successivamente, a qualunque settore aziendale.

Avanti veloce di alcuni anni, oggi che mi occupo di Comunicazione e Problem Solving ho sviluppato un’attenzione quasi ossessiva al mio modo di agire nelle situazioni problematiche, ma questo non significa che non ci ricaschi.

Mi piace pensare che un fallimento, o in generale un problema, si verifica quando la realtà non è d’accordo con le nostre aspettative. Ovvio, possiamo lavorare per avere meno aspettative possibili, ma il punto è che facciamo sempre piani, o programmi. Valutiamo i possibili scenari futuri. Ci comportiamo in modo da raggiungere determinati obiettivi.

Ma non sempre la realtà è d’accordo.

Ecco perché è così importante per me essere flessibile, e vivere le situazioni di fallimento non con vergogna, ma come un’occasione per sperimentare qualcosa di nuovo. Male che vada, per imparare.

I giorni scorsi ho iniziato a condividere queste idee con le persone della mia rete, su LinkedIn, e mi sono reso conto che ci sono un mucchio di persone, lì fuori, che sono assolutamente disponibili a condividere i propri fallimenti e insuccessi, senza la paura del giudizio degli altri. In effetti, devo confessare che questo mi ha stupito: molto più spesso, parlare di fallimento, soprattutto nelle aziende, è un tabù.

Si fa molto prima a capire di chi è la colpa, e sfogarsi con il capro espiatorio di turno, piuttosto che risolvere concretamente i problemi, o costruire il più velocemente possibile una nuova situazione di equilibrio.

Ecco perché, avendo commesso un errore dietro l’altro, nella mia vita, e in generale essendomi trovato molto spesso in situazioni sgradevoli, anche completamente fuori dal mio controllo, ho pensato che mi sarebbe piaciuto condividere queste storie con tutti, e aiutare altre persone a condividerle insieme a me. Per questo, in questi giorni sto registrando i primi episodi di un podcast, che avrà proprio questo spirito!

Perché se è vero che lamentarsi non serve a nulla, condividere le storie dei propri fallimenti, e scoprire la nostra responsabilità in essi, se non altro, ci aiuta a migliorare come persone!

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *