La passione per la Scienza

Fin da bambino sono sempre stato appassionato di Scienze. Quando frequentavo la scuola elementare questa passione nasceva dalla meraviglia per la pubblicità del Piccolo Chimico. Si è, però, riconfermata negli anni, e sono sempre stato catturato dal fascino di quella materia che cercava di spiegare la realtà, oltre alla mera osservazione diretta.

Nonostante questo, all’Università non finii a studiare Chimica o Fisica, come forse sarebbe stato naturale, ma rimasi incastrato a Ingegneria, pensando che le scienze applicate fossero un eccellente sbocco per me. Inutile dire che mi sbagliavo, e mi resi presto conto che quel tipo di studio era troppo metodico e quadrato per la mia mente che è, probabilmente, più caotica.

Finii così quasi per caso a studiare Economia, e per qualche insolita ragione mi piacque. Ricordo, però, il mio stupore, e soprattutto il mio scetticismo, quando mi approcciai all’esame di Microeconomia in cui il primo capitolo era dedicato alla spiegazione dell’Homo Oeconomicus, un essere astratto che prendeva decisioni in maniera perfettamente razionale. Ricordo che il libro divagava molto sul fatto che quella fosse certamente una semplificazione della realtà, ma che negli ultimi cento anni quella semplificazione era riuscita a descrivere in modo molto accurato i fenomeni economici, e in grande misura anche a prevederli (anche se quella tendenza si stava riducendo negli ultimi anni). E rimasi ancor più scettico quando compresi che su questa bestia mitologica era di fatto basata l’intera teoria economica.

Fu in quel momento che mi riavvicinai alla Scienza, da una prospettiva che nemmeno conoscevo: quella del metodo scientifico. Come poteva un intero libro, un intero corso di laurea, essere basato su ipotesi totalmente irrealistiche e false? Non serviva certo un genio per comprendere come se si parte da una ipotesi così semplificata da essere falsa, la teoria stessa potrà essere giusta solo per mera coincidenza.

Erano gli anni della grande crisi economica, e gente come Nassim Taleb scriveva libri tipo Il Cigno Nero, in cui sbugiardava alcune verità che erano ormai consolidate nel mondo dell’economia e della finanza. Io decisi di approfondire l’argomento, e approfittai della mia tesi triennale per documentarmi un po’ sul problema: approfondii il tema della ricerca scientifica in ambito economico, chiedendomi in modo quasi ozioso se l’economia possa essere considerata una scienza.

Quello che trovai mi stupì, anche se in qualche misura dovevo aspettarmelo: gli studi economici nella stragrande maggioranza dei casi sono del tutto privi di alcun metodo. Utilizzano in modo acritico la statistica per produrre risultati che confermano le tesi. In buona sostanza, hanno la stessa validità scientifica di un oroscopo di Paolo Fox.

Un po’ per questo rimasi scettico per molti anni su tante cose che venivano raccontate come scientifiche: se si scavava a fondo si scopriva che in realtà c’era ben poca scienza, solo un po’ di numeri ben organizzati. Nel tempo, però, qualche cosa che ha fondamento scientifico l’ho trovata, come i modelli che uso nel mio lavoro.

A margine, però, non posso che chiedermi se questa mia passione (ma chiamiamola pure ossessione) per la scienza abbia senso, oppure no. Ci sono tante tecniche lì fuori, tanti strumenti che funzionano nonostante non abbiano alcuna solida base scientifica. Ma questo non li rende meno efficaci.

La risposta che mi sono dato è che la scienza è il linguaggio che noi umani abbiamo inventato per descrivere, e prevedere la realtà. In quanto linguaggio, è certamente limitato e riesce a rappresentare solo una porzione soggettiva della realtà. Però, tra i tanti, è il più organizzato, ed efficace. Insomma, la scienza non è, per me, una verità assoluta fine a se stessa, ma uno strumento di analisi e di validazione importante.

Insomma, avrà i suoi limiti, ma in questo momento è lo strumento migliore che abbiamo.

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