Curiosità. Insoddisfazione. Sofferenza. Serenità.
Il manager si alza, e mi ringrazia, e io ho giusto il tempo di prendere un appunto rapido, prima che inizi la prossima sessione di coaching, con un suo collega. Le giornate di questo tipo scorrono veloci, senza che ci sia davvero il tempo per tirare il fiato. Spesso, quando finiscono, mi limito a stendermi sul letto mio, o della camera d’albergo in cui mi trovo, a lasciare che il fumo si dissipi, lentamente, dal mio cervello.
Mentre le dita scorrono veloci sulla tastiera, recupero dalla memoria i passaggi salienti della nostra chiacchierata. La sessione è stata molto interessante, perché mi ha permesso di contribuire alla validazione di una teoria a cui sto lavorando da un po’ di tempo. Le teorie sono sempre belle, sulla carta, ma se non si progettano degli esperimenti per comprendere se sono vere o false, non servono a granché. Molti pensano che il cuore del mio lavoro sia quello di aiutare le persone e le aziende a migliorare, ma non posso dire che questo sia del tutto vero per me. Certo, è un aspetto importante e centrale, ma la cosa più appagante per me è studiare, sperimentare, scoprire. Insomma, nutrire la mia curiosità fuori controllo.
Neil DeGrasse Tyson, forse il più famoso divulgatore americano, paragona la conoscenza a un cerchio, in cui l’essere umano è posizionato al centro. Ogni nuova scoperta aumenta la dimensione del cerchio, ma così facendo ne aumenta anche la circonferenza, ovvero il suo orizzonte. La metafora serve a spiegare che più aumenta la nostra conoscenza, più aumenta anche l’orizzonte con ciò che ancora non comprendiamo. E per questo la nostra curiosità non sarà mai, veramente, soddisfatta.
L’ho sempre sostenuto, in effetti: la vita del curioso è fondamentalmente fatta di insoddisfazione costante. Se un curioso è pienamente soddisfatto della sua scoperta, allora non continuerà a cercare. Un po’ come chi crede nel concetto di perfezione. La perfezione è stasi, è il miglioramento ad essere movimento. Se Einstein avesse pensato che la relatività ristretta era una teoria perfetta avrebbe semplicemente smesso di cercare, e non sarebbe arrivato alla relatività generale, e poi oltre. Il che ci racconta che anche lui era una persona fondamentalmente insoddisfatta, incapace di accettare davvero ciò che aveva raggiunto, spinta sempre in avanti.
Curiosità e insoddisfazione sono due motori, potenti e complementari. La prima ti tira verso il futuro, la seconda ti spinge via dal presente. Il che ti può anche far uscire di testa, o se non altro far vivere una vita di sofferenza. Ma questo avviene solo se miri alla perfezione. Come ogni vero viaggiatore sa, infatti, il punto non è la destinazione, ma il viaggio in sé. Solo se si riesce ad accogliere questa visione del mondo nel proprio intimo si riesce a vivere con serenità il mutamento costante.
E a godersi il presente. Il viaggio. La ricerca continua.
Mi resta giusto il tempo di una veloce corsa in bagno, prima di iniziare a lavorare con il prossimo manager.
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