Niente di Personale

Quante volte si ricevono queste parole, o le si sentono dire? O le si dicono magari.

Niente di personale.

Vieni licenziato, ma nulla di personale. Ricevi un commento negativo, ma nulla di personale. Il tuo lavoro fa schifo, ma nulla di personale.

Insomma, come se si potesse non prendere sul personale un commento negativo che si riceve sul proprio lavoro, lavoro nel quale si impiega approssimativamente metà delle ore di veglia in un giorno (e se si contano le ore di trasporto, anche più della metà).

Insomma, passi un terzo della tua giornata a dormire. Un terzo a vivere, e un terzo a lavorare. Ma quello che fai nel lavoro non è niente di personale.

Perché in fondo è solo una questione di business, no?

Il Customer Service

Viviamo nell’era del Customer Service Marketing. Ok, me lo sono inventato. Però la verità è che (e lo confermano diverse statistiche), il Customer Care oggi, nell’epoca dell’ADBlocking e delle conversazioni one-to-one, può essere una delle leve che fanno la differenza nella capacità di attrarre (attraverso passaparola) e trattenere (ciclo di vita) il cliente.

Perché se è vero che se ci stiamo tutti desensibilizzando alla pubblicità tradizionale, la ricerca della perfetta customer experience oggi non può non passare dalla cura dopo la vendita. Paradossalmente, il modo migliore per vendere di più oggi sembra essere quello di vendere meglio.

Acqua

Voglio pensare di essere acqua.

Come un fiume, che scorre ed è sempre lo stesso, e mai uguale. Essere solido, liquido o gassoso, in risposta alle circostanze. Limpido o torbido, ma in ultima analisi capace di adattarsi al suo contenitore, ma anche di scivolare tra le crepe più sottili.

Ma l’acqua non è un elemento passivo. Attraverso un’azione lenta e costante può spaccare le rocce, e ridurle in sabbia. Ma può essere anche valanga, iniziare da un piccolo movimento e crearne uno impossibile da fermare.

L’acqua è ferma e in movimento allo stesso tempo. Per questo mi piace pensare di esserlo.

La Festa

Fa un po’ ridere che nel 2016 si stia ancora a parlare di digital transformation. Con la generazione Y che soffre di oversharing, e la generazione Z in arrivo che ha un approccio mobile first, trovo assurdo che ci siano aziende che ancora non hanno nemmeno una pagina Facebook.

Dite la verità, ve n’è venuta almeno una in mente. Magari quella in cui lavorate. Magari la vostra.

Ma certo, il business della vostra azienda è troppo particolare. Parlerebbero solo male di voi. Ci sono troppi vincoli. Trovate pure tutte le scuse che volete. Tanto lo sapete, sono scuse.

La verità è che vi hanno invitato ad una festa, in cui ci sono tante persone con cui parlare. Alcune simpatiche e divertenti. Altre noiose, alcune irritabili e fastidiose. E voi avete scelto di essere il ragazzino sfigato, quello con l’acne, e magari le crisi di panico, che ha paura ad uscire di casa, e anche se è stato invitato alla festa, non ci va.

Moderazione

Mi piace pensare di essere una persona moderata.

Uno di quelli a cui piace trovarsi in equilibrio. Che vive bene con i compromessi. Che accetta l’esistenza di verità in contrasto tra loro.

Una persona mite, perfino noiosa alle volte. Questa, del resto, è l’altra faccia dell’essere moderati. Non ci si aspetta mai nulla fuori dall’ordinario.

A meno che, naturalmente, non si sia dei veri moderati, e quindi ci si moderi anche nella moderazione.

Dedicato ad Alice

La persona più importante nella mia vita si chiama Alice, ed è, in effetti, due persone diverse.

La prima è mia moglie, la mia ispirazione e la persona che dà senso alla mia vita.

La seconda è il personaggio di Lewis Carroll, che ha saputo, nei suoi libri, creare un mondo così paradossale e raffinato, da essere altrettanto d’ispirazione per me.

Un po’ come se, yin e yang, queste due Alice fossero la ragione e la follia che guidano la mia vita.

Come peggiorare

Studiando Problem Solving Strategico, ho imparato ad apprezzare il come peggiorare. Lo stratagemma è formulato, essenzialmente così: se volessi volontariamente e deliberatamente peggiorare la situazione anziché migliorarla che comportamenti dovrei assumere? Cosa dovrei fare o non fare, dire o non dire, pensare o non pensare?

Perché in un mondo razionale cambiare prospettiva è il modo migliore per andare avanti, se, come accadde ad Alice nella sua avventura oltre lo specchio, correndo si resta sempre nello stesso punto.

La Foresta Nascosta

C’è un modo di dire che mi piace particolarmente: non riuscire a vedere la foresta a causa degli alberi. Il significato è chiaro, concentrarsi sui dettagli così tanto da ignorare l’evidenza del quadro completo.

Facile da evitare, direte voi. Come quando si lavora in un’azienda, e ciascuno fa ciò che è di sua responsabilità e competenza, e nessuno ha davvero la chiara visione di cosa si sta facendo, ma soprattutto del perché.

Davvero facile da evitare.

Cambiare

Esistono, essenzialmente, due modi per cambiare: evolutivo e rivoluzionario, forse più noti come incremental e disruptive.

Ok, chi ha letto il mio post su Medium probabilmente saprà che non la penso così. Che questa distizione non è davvero funzionale al cambiamento stesso. E infatti, c’è anche un terzo modo di cambiare, quello inevitabile, o a valanga, che viene spesso raccontato (e usato!) da Giorgio Nardone, e che ha il suo perché.

Insomma, per riassumerla, si genera una concatenazione di eventi, partendo dal più piccolo possibile, in modo che quello grande, vero, insormontabile, che si riesce solo a intravedere sia, esattamente, inevitabile.

Scelte

Il momento della scelta è difficile.

Spesso trascina con sé una componente d’ansia. La paura dell’andare da una parte o dall’altra. Troppo spesso la scelta sembra obbligata.

La verità è che una scelta c’è sempre, anche quando sembra obbligata. La questione, piuttosto, è se si possa vivere portandosi dietro le conseguenze della scelta di cui sopra.

Ma la scelta c’è, e questo è fondamentale, perché è attraverso la scelta che si plasma il futuro.