Il treno delle 5:37 per Roma

Non mi piace dormire fuori casa, la notte.

Tutte le sere, mia figlia si addormenta con me, ed è una cosa a cui tengo molto. Me la sto godendo davvero. Ne ho parlato con mia moglie, e per il prossimo periodo cercherò il più possibile di evitare trasferte di più di un giorno nel lavoro.

Il che significa che, in generale, preferisco lavorare con clienti più vicini. Poi però ti capita quel progetto, quello bello davvero, a Roma, e che paga il giusto. Quel progetto a cui non vuoi rinunciare. E allora lo prendi.

Parte della negoziazione progettuale ha riguardato gli orari. La giornata per me in azienda inizia alle 10, significa che ho tutto il tempo di arrivare, se prendo il treno delle 5:37 da Mestre.

Il treno delle 5:37.

Per prendere il treno delle 5:37 dalla stazione devo prendere l’autobus delle 4:50 da casa. Quello dopo è alle 5:20, e arriverebbe in stazione alle 5:34, in teoria. Il margine è troppo poco, devo muovermi con mezz’ora di anticipo.

La mia sveglia, quando vado a Roma, è alle 4.

La sveglia delle 4 ti proietta in un mondo onirico, in cui non sei sicuro se dormi o sei sveglio. Se esisti o meno. Le 4 è, potenzialmente, l’ora in cui andrei a letto se seguissi davvero il mio ritmo circadiano.

Quando devo svegliarmi alle 4 dormo in un’altra stanza. Un materasso appoggiato sul pavimento, e con delle coperte sopra. Quando mi alzo, sono tutto indolenzito, ammaccato, quasi come se avessi dormito direttamente sul pavimento in gres porcellanato. La moka l’ho messa su la sera prima, perché con la sveglia alle 4 mi manca la coordinazione occhio-mano necessaria per prepararla. Con gesti lenti e assonnati mi preparo. Mia moglie, nel frattempo, si sveglia, mi augura buon viaggio, poi torna a letto.

L’autobus delle 4:50 è pieno. È la prima corsa della giornata, riempita dal popolo della notte. Ormai, tra di loro si conoscono, chiacchierano sommessamente in piccoli gruppi. Per loro io sono un estraneo, un alieno. L’ambiente è riscaldato, e ci protegge dalla nebbia che ci assedia, così spessa che puoi vedere anche le singole goccioline in sospensione nell’aria.

Arrivo in stazione, e il treno è già lì ad aspettarmi. Faccio per salire, ma lo stanno ancora pulendo. Aspetto sulla banchina, infreddolito ma neanche tanto. A un certo punto le porte si aprono, e salgo. Ci sono solo io nell’intero vagone, il numero 5. Trovo il mio posto, finestrino, e mi siedo dopo aver messo lo zaino nella rastrelliera. La luce del treno è troppo intensa per essere reale alle cinque e mezza di mattina, quindi chiudo gli occhi.

Ricevo un messaggio da mia moglie, non riesce a dormire perché la piccola ha il sonno agitato. Mi chiede se le tengo un po’ compagnia. Inizio a scriverle, e a un certo punto, non so bene come, iniziamo a parlare di Alpaca. Progettiamo di aprire un allevamento di Alpaca nel nostro giardino di casa. Pochi euro per abbracciare un Alpaca. Magliette e cappellini con scritto Alpaca is Love Alpaca is Life. Un business da paura, nel giro di pochi mesi diventiamo milionari.

A un certo punto lei si riaddormenta, e anche io. Passano le stazioni, e il treno si riempie sempre di più. Quando arriviamo a Roma c’è gente che se ne sta in piedi nello spazio tra gli scompartimenti.

Il treno delle 5.37 è la parte che mi piace di meno del lavoro con il mio cliente di Roma. Ma in effetti, è un’esperienza interessante.

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