Ebbene sì, ho mentito
Ogni giorno mi capita di avere quelle due o tre chiacchierate con persone di lavoro.
Possono essere potenziali clienti, o persone con cui sto valutando una collaborazione, o anche solo persone interessanti conosciute su LinkedIn, e con cui vale la pena scambiare qualche idea. Amo fare queste conversazioni: per me sono un enorme piacere.
Spesso, infatti, si sottovaluta questa dimensione relazionale dei Social Network. Il termine che va in voga oggi è social selling, il concetto è che per vendere qualcosa attraverso i social devi prima costruirci un minimo di relazione, e se lo chiedi a me, si poteva fare di meglio.
Molto ma molto meglio. Insomma, non è che ogni volta che scrivo un messaggio a qualcuno voglio vendergli qualcosa.
Ma non è questo il punto. Dopo aver studiato la Pragmatica della Comunicazione Umana, di Watzlawick, mi sono reso conto, infatti, che non importa quanto siamo bravi a produrre contenuti efficaci, o brillanti nelle nostre comunicazioni testuali: tanto più la nostra comunicazione è fisica, quanto più essa è efficace. Insomma, LinkedIn non serve a nulla se poi con quelle persone non parlo al telefono, o, ancora meglio, non le incontro di persona.
Insomma, tutta questa introduzione solo per dire che amo parlare con le persone.
Adesso è il punto dove ammetto che non sono sempre sincero.
Sì, lo so, i puristi del Personal Branding diranno che bisogna essere integri, altrimenti si rischia di rovinare tutto subito. Bisogna essere autentici. Per favore, fatemi il piacere. Siete i primi che danno quell’immagine patinata, priva di errori, in cui i propri clienti sono perfettamente soddisfatti. E non venite a raccontarmi che al limite omettete qualche particolare, perché una mezza verità non è diversa da una bugia. La differenza tra voi è me è che lo faccio apertamente. Anzi, le mie menzogne sono parte del mio Personal Brand, e voi potete serenamente attaccarvi!
Siamo sinceri, tutti mentiamo, e lo faccio anche io. Mi capita di mentire su quanti clienti sto gestendo al momento, su quante collaborazioni ho aperte, e sì, anche sulle mie competenze. Flash news: se voglio acquisire esperienza in un campo come consulente, devo raccontare di saperla fare quella cosa. Se non la so fare, devo acquisire esperienza. E non sempre sono in condizioni di farlo in autonomia. Il che significa che devo usare il mio cliente come banco di prova.
Ebbene sì, nel farlo mi assumo un rischio: quello che lui sia insoddisfatto. D’altra parte, sta a me saper gestire in ogni momento le sue aspettative. Una volta preferivo lavorare gratuitamente per acquisire esperienza, e fallivo molto di più. Dal mio punto di vista, se lavoro gratuitamente, il mio cliente non mi prende abbastanza sul serio, e quindi il progetto è destinato a fallire per definizione. Oggi preferisco raccontare che sono già un esperto, che le competenze le ho tutte. Ma non è vero. Ovvio, studio come un cane per raggiungere l’obiettivo, e metto in campo anche più carte del necessario. Ma se alla fine riesco, e il mio cliente è soddisfatto, io ci ho guadagnato, e anche lui.
Fake it till you make it, dicono negli USA. Non posso dire di sposare appieno questa filosofia, probabilmente perché non sento di arrivare mai al make it: so di avere sempre margine di miglioramento. Ed è per questo che a un certo punto queste menzogne diventano la mia verità. Ogni tanto capita quello che mi dice che non capisce mai quando mento o quando dico la verità.
In effetti, rispondo, non lo so nemmeno io.
Insomma, se abbiamo parlato probabilmente ti ho mentito. Ma non avertela a male per questo. Infatti, quello che dico sempre è che non devi fidarti di me. Non ha senso che tu lo faccia. Puoi solo mettermi alla prova, e vedere come va.
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