Il Cinismo del Consulente

Chiedersi se venga prima l’uovo o la gallina è una di quelle domande oziose, un po’ come decidere se ero prima un cinico, e per questo ho scelto il lavoro da consulente, oppure è questo lavoro che mi ha fatto diventare un cinico.

E in effetti, non è nemmeno particolarmente importante: il punto è che sono un cinico, e questo è incredibilmente utile. Ad esempio, ho aspettative molto basse nei confronti dei miei clienti, o degli altri professionisti con cui collaboro, e quindi non mi stupisco particolarmente quando qualcuno a cui ho mandato un preventivo sparisce senza farsi più sentire, invece che rispondermi con un cordiale grazie ma no grazie, né resto colpito quando mi scontro con la scarsa professionalità delle persone.

Ad esempio, giusto un paio di settimane fa, avevo organizzato un incontro con un procacciatore d’affari, un ragazzo con una decina d’anni meno di me, con cui ci eravamo sentiti al telefono, e che si era dimostrato interessato a collaborare. Ebbene, giunto il giorno del nostro appuntamento, non si è presentato, anzi, quando gli ho chiesto via LinkedIn dove fosse mi sono ritrovato bloccato. Beh, sarebbe stato facile usare questo episodio come acchiappalike facile parlando di quanto siano inaffidabili i ggiovani, che poi credo sia un indice di invecchiamento precoce, già solo a pensarlo e raccontarlo qui mi sono spuntati dei capelli bianchi.

Ma la verità è che non mi interessa. Succede. Anzi, mi considero fortunato, perché con questa persona ho schivato una pallottola.

Eppure in casi come questo, è facile fare i moralizzatori. Dire che non avrebbe dovuto bloccarmi, o che quelli della sua età son tutti così, e che poveri i clienti con cui lavora. Quando, a pensarci bene, tutte queste cose non sono altro che dettagli irrilevanti. Il motivo per cui si è comportato in questo modo non mi interessa, così come non mi interessa negli svariati casi analoghi che mi si sono presentati davanti. Il comportamento, infatti, è comunicazione, e mi sembra che la sua comunicazione nei miei confronti sia stata estremamente chiara.

Per lo stesso motivo mi viene da sorridere leggendo tutti quei post di persone che si lamentano del recruiter di turno che li ignora dopo aver promesso un ricontatto. Non è, forse, un silenzio estremamente carico di significato? Possiamo considerarlo poco educato, forse, o può non farci piacere il significato che ci viene trasmesso, ma la comunicazione è lì, ed è piuttosto evidente.

E perché, d’altra parte, aspettarci l’educazione dal prossimo? Basta aver preso almeno una volta la A4 nel tranno Milano-Venezia all’ora di punta, o il Grande Raccordo Anulare a Roma per rendersi conto che l’educazione appartiene a una ristretta minoranza di persone. Il problema, insomma, non è la mancanza di educazione diffusa, ma la nostra aspettativa nei confronti degli altri.

Ed è qui che sta il mio cinismo. Mi occupo di problemi, e quindi dovrei sapere anche come risolverli, giusto? Vero, ma ci sono essenzialmente due requisiti essenziali per chi fa un lavoro come il mio, due condizioni che devono verificarsi entrambe, perché io mi possa muovere.

  • Il mio interlocutore deve essere consapevole di avere un problema da risolvere, e deve volerlo risolvere
  • devo essere pagato per farlo.

La prima è, in effetti, abbastanza evidente. Chi sono io per decidere che qualcuno ha un problema? Riguardo alla seconda posso solo dire che siamo in un mondo capitalista, e io devo mangiare.

Insomma, cos’è un cinico se non una persona che vede una quantità di problemi che potrebbe essere in grado di risolvere, ma non vuole farlo? Anche se tutto sommato, quelli non sono miei problemi, e come spesso mi capita di dire, un consiglio non richiesto, o un intervento fuori luogo sono atti di vera e propria violenza.

Forse sono una brutta persona, o forse no. Non ho ancora deciso, e tutto sommato non mi interessa.

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